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(VII post) il coach … e i ” legami deboli”
Leggevo qualche tempo fa di Mark Granovetter “ La forza dei legami deboli ”. Una lucida e solida analisi diventata teoria di riferimento nell' ambito della ricerca del lavoro. Secondo questa teoria un vasto tessuto di amicizie e ancor più spesso di “conoscenze” può veicolare, fra persone di ambienti completamente differenti, notizie ed incroci di informazioni che agevolano l’incontro fra domanda e offerta di lavoro. Mi ha sorpreso quanta analogia ci sia fra questa esposizione di Granovetter relazionata all’ incontro domanda /offerta di lavoro con la gestione dei carrierismi e delle valutazioni professionali all’ interno di una azienda.
Il buon coach non può essere convinto che la sola capacità di crearsi degli obiettivi, saperli centrare, portarli a termine in tempo, gestire al meglio i problemi e le difficoltà del lavoro, essere sempre all’ altezza delle situazioni che il lavoro gli propone,
possa essere sufficiente a dargli merito dei risultati ottenuti…..Si rende necessario gestire “i legami deboli”.
Quel tessuto di rapporti interpersonali, sociali, di gratitudine lavorativa e personale che mettono al riparo il suo lavoro da chi poi ne sminuisce qualità, valori, risultati con la classica “parolina” alla persona “giusta” al momento “giusto”. Quello che sto affermando è duro da recepire e pochi lo dicono con autentica onestà intellettuale ma il lavoro non basta, i risultati non bastano, aver ragione non basta …
il “ Coach ” deve piacere!
I Leader sono di tre tipi:
- Il Capo-popolo quello che esce a furor di popolo dall’ apprezzamento della base perché ne rappresenta le istanze ed attraverso tale rappresentanza ottiene per la base riconoscimenti che gli rendono fortuna nel tempo e che spende per accrescere la forza del suo ruolo.
- Il Cortigiano quello che sa trattare con le “Alte sfere” fa sempre la cosa giusta e sceglie sempre le parole giuste non alla realizzazione del lavoro ma alla compiacenza di chi decide.
- L’idra dalle sette teste che sa essere perfetto equilibrista fra l’una e l’altra delle precedenti tipologie.
Non indignatevi, non arrabbiatevi …attenti…. ho detto Leader non Coach… e se per un solo attimo avete pensato che stessi per consigliarvi la terza tipologia di Leader ricominciate a leggere i post dal I e meditate sulla punizione! (sul mio Word di brutta copia sono alla pagina 25 e alla 4706esima parola )
Tutto quello che ho detto prima è vero e sembrerebbe logico impostare il Coaching sulla linea della professionalità compiacente che strizzi l’occhio alla politica aziendale e disponga con accortezza le decisioni operative.
Ma…..
Il Coaching è:
rispetto per gli altri
stima di se stessi
desiderio di aiutare gli altri a migliorarsi
imperativo di migliorare se stessi!
In tutto questo non c’è spazio per i compromessi, perché questi intaccherebbero lo spirito stesso del coach..
Ma come può il coach non cadere in un delirio di onnipotenza e imparare a confrontarsi sulle idee, sui progetti, riprendere gli errori commessi e reindirizzare la giusta rotta rimanendo se stesso e difendendo se stesso da quanto invece su descritto?
Quanti sono i contesti lavorativi dove i “legami deboli “ non hanno preso il sopravvento sulla meritocrazia? Se così non fosse avremmo la politica attuale?Avremmo il prolificare di tante aziende meteore nella logica dei “furbetti del quartierino?“ Sarebbe uno squallido clichè riparlare degli scandali automobilistici recenti o delle tante adulterazioni e vigliaccate di vario genere a cui quotidianamente assistiamo
ma tutto questo è quanto ci vive intorno……
Qualcuno in un commento del mio ultimo post ha definito ciò che scrivo
coaching pret-a-porter con un piglio che non implementa nemmeno un dubbio
forse è vero .... ed il rispetto che nutro per l’interlocutore mi ha imposto una riflessione che è passata attraverso l’apposizione di frasi che siano opportuna avvertenza che questi post non sono didattici, sono scritti da persona non esperta in comunicazione e che quale unico titolo in mio possesso ho 35 anni di lavoro.
Un detto dice:
Chi sa fare fa chi non sa fare insegna
E forse non sapendo fare oggi ho la presunzione di insegnare?
Tutto questo può assumere la patetica impressione dello sfogo personale che nulla ha che vedere con “pillole di coaching” ma no…!
Io credo che tutto questo …..è coaching!
Sapersi guardare, accettare le critiche, aggiustare gli errori, fermarsi e pensare ma poi….
Il coach ha una propria idea in testa!
Un obiettivo!
Ha strategia, piani di azioni, principali ed alternativi. ...studia gli eventi e accomoda il cammino!
Io credo davvero che il Coaching possa essere una nuova strada per affrontare la giusta realtà delle dinamiche lavorative! Io credo fortemente che dobbiamo uscire dalle odierne dinamiche in una catarsi delle logiche gestionali che riscoprano al centro di tutte le cose L’ UOMO.
Che sia il coach, il collaboratore di base, l’AD tutti devono riprendere come unico parametro di confronto l’Uomo, le sue idee, i suoi umori, i suoi sogni, le sue passioni.
La disumanizzazione che stiamo vivendo a tutti i livelli è terrificante!
Un giorno mi sono alzato è ho detto cosa posso dire? Cosa posso fare? Come posso trovare amici che condividano un pensiero positivo e provare a portarlo avanti.. e dove?
Quasi per gioco ho scelto l’approccio a Linkedin.
Con mia enorme sorpresa in meno di un anno ho raggiunto quasi 21.000 followers.
Ho incominciato a presentarmi su blogger, twitter, facebook, G+, e con alterne fortune cerco di portare avanti un discorso…..
E seguendo principi semplici….
rispetto per gli altri
stima di se stessi
desiderio di aiutare gli altri a migliorarsi
imperativo di migliorare se stessi!
..parlo di coaching che è sistema di approccio lavorativo ma anche stile di vita.
Un’ultima cosa il coach non è solo il capo ufficio, è il genitore in famiglia, è l’anziano del quartiere a cui un tempo si doveva il rispetto del saluto e che raccontava le storie della sua vita, è la persona che ammiriamo perché abbiamo direttamente avuto prova della sua benevolenza e del suo aiuto, è chiunque ci abbia aiutato a migliorarci.
Molte volte non siamo capaci di concedere agli altri il dovere del rispetto. Ci sono persone migliori di noi, più capaci, più veloci a capire i fatti, le cose….MIGLIORI.
Io non mi metto fra gli ultimi (un po’ di cammino ne ho fatto e di cose ne ho imparate per cui posso meritare il rispetto per l’anziano) non mi metto fra i primi perché certamente c’è tanto meglio di me, vorrei che fossimo tutti capaci di distinguere questo! Uscire da un feroce egocentrismo che attanaglia tutti noi e riconoscere le eccellenze attraverso il confronto e la dialettica imparando a migliorarsi e aiutando a migliorare.
Questa è l’essenza ultima del Coaching!
Nel prossimo post, se ne avrete ancora voglia, proverò a dire cosa fare e come per provare a perseguire ostinatamente questo risultato!
Alla prossima!
( Post non didattici ma espressione di esperienza lavorativa ultra-trentennale di lavoro, scritti e divulgati da persona non professionista della divulgazione ne dell'insegnamento. Hanno titolo di opinione personale maturata sul "campo")