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(VIII post) Il coach e…gli altri!
Il coach non è niente senza la sua squadra! La coesione del gruppo e la capacità di relazionarsi reciprocamente all’interno di questo micro cosmo è fondamentale per le sinergie necessarie a raggiungere gli obiettivi comuni. Non voglio dissuadere nessuno, ma se questa convinzione non è radice stessa dei comportamenti del coach allora……lasciate perdere.
Insieme si vincono tutte le battaglie, si superano ostacoli inimmaginabili, si maturano le idee vincenti. Un gruppo coeso è come la costruzione di un matrimonio duraturo.. fatto giorno dopo giorno, con pazienza, perseveranza, sopportazione, molto …molto.. di se stessi! Il principio di un gruppo vincente è la spersonalizzazione, ognuno cede una parte di se a beneficio di tutti.
L’individualismo, la smania di risultati personali, l’egoismo sono le sabbie mobili in cui annegano i principi del coaching.
Per qualcuno che si è distratto…. tutto quello che è alla base di quanto vado scrivendo in questi post è alla base stessa dei corretti rapporti di vita quotidiana.
Un coach emerge all’interno di un gruppo per riconoscimento unanime dei collaboratori…fino a che questo non avviene è semplicemente……un capo.
Ma un coach ha dentro un’anima ed uno stile per cui molto spesso è coach nella vita…con gli amici…fra i parenti…nella squadra di calcetto …. perché ha dentro quella capacità di aggregare, motivare, legare ….se e le persone con … solidi lacci fatti di rispetto, attenzione, correttezza….
Quante volte avete incontrato dirigenti, capi, responsabili aziendali che fuori dello stretto ambito del loro lavoro sembrano dei disadattati…sempre de-contestualizzati … con poche amicizie spesso …interessate! Fanno quasi tenerezza e all’osservazione critica la prima domanda che sovviene è…ma coma fa la sua azienda a mettergli in mano tanto potere quando non è capace neanche di……
Chiariamo un’altra cosa …. Non dico che queste persone non sanno fare il loro lavoro…magari i loro risultati sono anche migliori .. acquisiscono il rispetto dai capi e dai collaboratori…sono anche lavoratori instancabili ed affidabili .. ma l’ambizione di un coach va oltre…il lavoro, il gruppo di lavoro, la famiglia, gli amici…persegue uno stile non una mestieranza e crede fermamente che tutto si può fare partendo dai principi di rispetto per se e per gli altri, ambendo ad un progressivo miglioramento di se per aiutare il miglioramento altrui…… Filosofia spicciola? Forse….. ma io la vedo così.
In termini pratici educhiamoci a osservare gli elementi fondamentali per creare buone relazioni …. Ne facciamo una carrellata…vediamo quali necessitano di una rivisitazione o di una osservazione attenta e riflettiamo a come migliorarci..
Ancora una precisazione… non impariamo a fingere di avere delle attitudini … ci educhiamo a migliorare i nostri difetti e interiorizziamo il modo giusto di confrontarci con noi stessi e gli altri.
Ed allora proviamo ad analizzare i punti qualificanti di un coaching da … invidia!
L’inizio ovviamente è quello di incominciare a intessere una solida abitudine alla comunicazione ed allo scambio di idee, opinioni ( anche critiche ) e progetti.
Poi diviene fondamentale instaurare un’abitudine reciproca alla fiducia che si consolida attraverso la sincerità nell’esprimere difficoltà personali, operative o carenze di conoscenze utili a perseguire opportuni risultati lavorativi.
Abituarsi all’ascolto.
Abituarsi a vedere il lavoro come uno stare…insieme. Con i suoi momenti di leggerezza, di concentrazione e…di tensione… tutto espresso con naturalezza ed attenzione dell’altrui sensibilità o necessità.
Il coach deve tracciare la strada… segnare gli obiettivi, la politica, lo stile, l’approccio operativo.
Deve assegnare compiti ed obiettivi realistici, conseguentemente dare indicazioni chiare e assicurarsi che le stesse siano state comprese completamente.
Deve avere a cuore la crescita professionale propria e dei propri collaboratori trasferendo con generosità conoscenze e metodologie investendo sulla crescita di tutti anche attraverso il reperimento di fondi idonei per finanziare corsi di formazione e di approfondimento professionale.
Si apre al mondo esterno, studia osserva e copia i migliori del proprio settore operativo e stimola i propri collaboratori a fare altrettanto. Solo attraverso questa metodologia si trasmette il messaggio di umiltà intrinseca in tale atteggiamento… ci sono persone migliori di noi…che sanno fare le cose meglio di noi…e noi possiamo imparare da loro …rielaborare e provare a superarle.
Diventa un sostegno per il collaboratore in difficoltà, interviene stimolando motivazione e voglia di migliorarsi e di superare i propri limiti.
Poi, in ultimo, fare la cosa più difficile.. delegare… riconoscere lo spirito di coaching nei propri collaboratori e stimolarne la crescita… lasciare che i propri collaboratori vivano il distacco dal gruppo per la ricerca di uno spazio nel quale sviluppare meglio e con più forza le proprie qualità.
Infine fare la cosa più difficile…fare un passo indietro quando si riconosce una capacità superiore alla propria. ( Questa è davvero dura! )
Ora proviamo ad elencare cosa dobbiamo evitare….
E’ peccato capitale non essere capaci di comunicare o peggio ritenere che spiegare, ripetere le cose, trasmettere con dovizia di particolari obiettivi e strategie aziendali sia una perdita di tempo.
Mancare di serietà e mostrare nepotismi. Questi due errori minano la base del rispetto che i componenti del gruppo devono avere nei confronti del coach.
Farsi coinvolgere dai problemi personali dei propri collaboratori inducendosi a giustificarne le cadute di performance o sbilanciando in modo eccessivo l’attenzione di supporto. Ancor più grave farsi coinvolgere in relazioni troppo strette e intime con componenti del gruppo.
Essere ingiusti o troppo comprensivi.
Perdere energia e determinazione nel proprio lavoro lasciando trasparire disattenzione o, addirittura disaffezione verso quello che si fa.
Mettiamo ora la ciliegina sulla torta!
Un coach è capace di essere sempre un interlocutore valido per i propri colleghi, anche quando questi non lo meritano…anche quando le feroci logiche di guerre aziendali fanno naturalmente di un collega un nemico… Il coaching è in qualche modo resistenza passiva… si basa sulla convinzione che ….
Il tempo è un galantuomo e dà ragione a chi ha ragione!
Senza tranelli, imboscate o sgambetti e confrontandosi sui concetti e non sulle scorciatoie.
Oltre ad essere un valido supporto per i colleghi il coach deve prendersi la briga di essere un giusto consigliere per i propri capi. Essere un consigliere è decisamente essere sempre consapevole delle proprie idee ed opinioni… anche se non sono quelle del capo. Significa esprimere disaccordo e critica costruttiva quando è necessario anche se questo non è gradito. Essere sgradevole per aver detto quello che si ritiene essere la cosa giusta è pregio per un Coach perché quando si è forti abbastanza per esprimere il proprio pensiero si è anche forti abbastanza per subirne…..le conseguenze.
Se però accettiamo la posizione del capo questa diventa la nostra posizione!
La difendiamo con la stessa caparbietà con cui portiamo la critica anche se questa posizione è impopolare….
Le scelte di un coach non badano alla convenienza ma alla giustezza delle stesse.
L’ ho scritto di un fiato e non ho intenzione di limarlo, questo post spero che trasudi dell’entusiasmo e dell’utopia che desidero trasmettere in una folle ma entusiasmante maniera di essere!
Alla prossima!
( Post non didattici ma espressione di esperienza lavorativa ultra-trentennale di lavoro, scritti e divulgati da persona non professionista della divulgazione ne dell'insegnamento. Hanno titolo di opinione personale maturata sul "campo")